Il diario del viaggio in Islanda è uno dei capitoli del mio libro “RACCONTI DAL GRANDE NORD, viaggio alle alte latitudini”
Inverno
Estate
Prima di partire mi è venuto un dubbio: aurora boreale a parte, ha senso partire per una terra immersa quotidianamente nel buio per quasi 20 ore? Il primo giorno la mia preoccupazione aumenta, quando vedo il sole sbucare oltre l’orizzonte soltanto a mezzogiorno. Ma poi l’alba inonda di luce caldissima una terra glaciale, rivelando paesaggi da pelle d’oca. Toni di rosso e blu illuminano improvvisamente panorami in bianco e nero. Il sole si leva di pochi gradi oltre l’orizzonte, e lì si blocca, apparentemente immobile. Sembra che il tempo si sia cristallizzato. L’alba abbraccia il tramonto. Dissolvenza, poi di nuovo oscurità. La luce piena del giorno non arriva, rubata dalla notte.
Le giornate scorrono in un ritmo sincopato, zoppo, e la notte sembra non finire mai. Ma poi la luce, quasi come un miraggio, arriva. In quelle poche ore si affastellano nuove suggestioni. Visioni oniriche, tutte concentrate in brevi attimi, quando quella terra misteriosa finalmente si concede agli occhi. È uno spettacolo su un palco illuminato da una luce soffusa, un sipario che si alza appena e poi si richiude, che ti lascia intravedere qualcosa come in un gioco di seduzione e immaginazione.
Montagne tinte di rosa, cascate di ghiaccio, spazi senza confini dove la neve si confonde con le nuvole, spiagge e promontori frustati dal vento e dai cavalloni che si abbattono con furia. Il silenzio ovattato della neve si alterna all’urlo dell’oceano, alla bufera di vento che sembra volere strappare l’auto dalla strada, che spalanca all’improvviso la finestra nella notte, ululando intorno alla casetta e facendomi passare una notte inquieta. Guidiamo tra nuvole e neve con l’impressione di essere su un aereo, e poi tra distese gelate, dove sembra di ritrovarsi su un pianeta ai margini del sistema solare.
Finalmente l’Islanda si mostra terra selvaggia, regno del ghiaccio. Scelgo l’inverno, senza dubbio. L’ho detto ad un tizio che mi ha guardato strano. Gli islandesi, allegri e di compagnia nel mio passaggio estivo di qualche anno fa, questa volta si sono mostrati burberi, indisposti, quasi infastiditi dal contatto umano. Un Paese più bello per il viaggiatore che per chi ci deve vivere. L’idea di un lungo inverno immerso in quel buio mi fa rabbrividire, più del freddo. Non mi è difficile capire perché in quelle terre nascono così tante leggende, storie di elfi e di mostri nascosti nelle montagne o nel mare.
Un viaggio che ha ricaricato di energia, riempito gli occhi e liberato la testa. E non credo di essere ancora appagato: l’inverno è ancora lungo il richiamo del nord troppo forte.