Taiwan è sulla linea di fuoco pacifica. Una crepa nella Terra che ha disseminato vulcani dall’Indonesia fino alla Kamtchatka, passando per le Filippine e il Giappone. A dire il vero a Taiwan i vulcani non sono molto attivi, ma la terra trema e scuote la piccola isola cinese-non cinese.
A Yehliu, costa nord di Taiwan, la forza delle placche che si muovono sotto gli oceani hanno piegato la costa creando un promontorio dalle forme surreali. Le onde dell’oceano sbattono contro la roccia e hanno modellato le forme come fosse un’esposizione di statue.
Yehliu potrebbe essere molto più turistica di quello che è. Anche Taiwan stessa potrebbe essere molto più turistica di quello che è. Invece pochi viaggiatori visitano l’isola di Formosa, e per lo più vanno a sud sulle spiagge calde e tropicali. Per andare a Yehliu non ci sono servizi turistici né gite organizzate. Sono solo pochi chilometri dal centro di Taipei, e alla reception del mio ostello mi hanno detto il numero dell’autobus da prendere, composto di tre cifre tra cui un sei. Vado in zona e inizio a chiedere informazioni. I cinesi contano i numeri sulle dita di una mano e per fare il 6 chiudono il pugno e alzano due dita con un gesto che sembra la cornetta di un telefono. Alla fine riesco a prendere l’autobus e cerco di farmi capire per scendere alla fermata giusta. Le formazioni rocciose sono subito lì dietro.
Passeggio tra le forme surreali. Ci sono io e qualche turista locale. Qualcuno ci vede dentro la testa di una regina, oppure una scarpa, un fungo o un cammello.
La giornata è fredda e ventosa. Le onde si abbattono sulle statue di roccia mentre una fitta pioggerellina mi bagna i vestiti. Prima di cercare di riprendere il pullman che mi porti indietro, vado in cerca di un ristorante che mi serva un piatto di noodle caldi.