Arrivo a Stoccolma in un gelido weekend di dicembre. Freddo oltre le aspettative. Una bufera sta imperversando nel nord Europa, nel sud della Svezia un camion si è ribaltato in autostrada per le raffiche di vento.
Esco dall’aeroporto e salgo sull’autobus per Stoccolma. Pochi metri a piedi sono sufficienti per capire l’entità del freddo e del vento, che punge subito in viso.
Mi sistemo in un ostello ricavato in una ex prigione e mi preparo ad uscire, con calzamaglia sotto ai pantaloni, strato termico, maglione e giacca. Il sole tramonta subito. Io continuo a passeggiare sferzato da un vento che s’insinua ovunque. Il giorno dopo visito i mercatini natalizi sull’isola di Skansen. Fa talmente freddo che hanno preparato dei fuochi qui e là dove la gente può fermarsi un attimo a scaldarsi.
Le ore di luce sono pochissime. Decido di intitolare il mio servizio fotografico “Stoccolma misteriosa”, quasi come fosse un villaggio perso nella Transilvania. Fotografo i palazzi da una prospettiva sinistra, i pupazzi in vendita nelle vetrine, gli alberi del parco illuminati nel buio da alcuni lampioni gialli.
Fotografo la Stoccolma misteriosa perché la gente è rintanata nelle case, o cammina velocemente infilandosi in un negozio, in un ristorante o nella metropolitana. Misteriosa perché le stradine dei quartieri residenziali sono tanto carine quando vuote, perché ti aspetti un fantasma apparire da un momento all’altro, perché le case hanno enormi finestre senza finestre, vedo la vita dentro, oppure vuote ma con la luce accesa, il tutto mentre io sono fuori a passeggiare nel buio, facendo il turista in una città che in questo momento per turisti non è.
Ho nella testa l’immagine del Grande Nord d’estate, con la luce fino a mezzanotte, che trasmette energia e felicità, mentre ora c’è una notte lunghissima e devo continuamente controllare l’orologio per capire se è ancora pomeriggio o se è già notte.
Continuo a passeggiare, a cercare punti da dove osservare le luci città, delle barche al porto, del palazzo o della piazza illuminata, scatto foto e sono contento del ritratto che ne esce. Ma mi convinco ancora di più che, per viverci, il Grande Nord non farebbe proprio per me.