Trekking e fotografia a Madeira (Portogallo)
In una piccola isola in mezzo all’Oceano Atlantico, proprio dove il vento e la pioggia che spazzano la costa nord lasciano spazio al sole che brucia la costa sud, sul declivio di una cresta di montagne che per un regalo della geologia si stagliano fino a 2000 metri di altitudine in un’isola lunga appena pochi chilometri, si trova un bosco di lauri secolari. Da lontano potrebbe sembrare un luogo come tanti. Ma quando provi ad avvicinarti, scopri che quel bosco è popolato da alberi antichissimi. Hanno tronchi ritorti, spezzati, sui quali sono ricresciuti nuovi rami che sprizzano nuove nuvole di foglie. Ce n’è uno completamente scarnificato, piegato fino a terra come morto. Ma proprio dal punto dove si è adagiato al terreno, nuovi rami ripartono verso l’alto in una vita al limite del miracolo. Altri sembrano assumere la forma di un animale o di un folletto della foresta. Alcuni sembrano avere completamente perso la razionalità e crescono sfidando le leggi della logica, della fisica e forse anche della biologia. Solo per ammirare tale prodigio della natura, sarebbe un luogo da visitare. Ma non è tutto. Quando ci si arrampica lungo la serie di tornanti che risale dall’Oceano, può splendere un sole cocente e la foresta brillare sopra un tappeto di nuvole senza fine, oppure possono esserci vento e pioggia inclementi, in mezzo a una nebbia talmente densa che disorienta. A volte però ci trova proprio nel mezzo delle forze della natura, quando pioggia, nebbia e sole giocano insieme, e quel bosco diventa la rappresentazione reale di un mondo onirico, di visioni offuscate, fiabesche, di pioggia che sembra venire dal sole e arcobaleni effimeri. Bisogna essere fortunati. Io, però, da buon ingegnere, cerco il momento giusto in modo razionale. Passeggio su quel declivio tra le montagne per ore e ore, in giorni diversi, osservando il vento e i movimenti delle nuvole. Consulto previsioni e radar metereologici, marco i punti più interessanti, mi aggiro nella foresta come un rabdomante. La mattina prescelta, dopo tutti i miei “calcoli”, mi sveglio molto presto. Sul passo di montagna dove dormo il tempo è brutto ma filtra un po’ di sole. È un buon segno. Mentre faccio colazione scruto il cielo, consulto le previsioni e monito il radar, poi parto. Scendo fino alla costa, spazzata da pioggia e vento. Risalgo verso il centro dell’isola. La luce inizia a filtrare tra le nuvole nere, aumenta sempre di più. Sembra di salire verso il paradiso. Il turismo estremo di Madeira dorme ancora e il parcheggio è ancora deserto. La foresta è tutta per me, esattamente come avevo immaginato, proprio sul confine tra ombra e luce. Uno strato di nebbiolina aleggia sugli alberi e li copre come un mantello. Danza sotto le folate di vento mentre gocce di pioggia errano disordinate in aria. Il sole dall’alto lancia lapilli dorati che s’infilano tra le chiome più alte. Passeggio tra visioni irreali mentre strani arcobaleni si muovono insieme a me. A volte colorati, a volte bianchi, sono grandi poco più degli alberi, e diventano via via più piccoli fino a poterli quasi toccare per intero con le dita, mano a mano che il sole si alza nel cielo. Io continuo a camminare, con i pantaloni bagnati e le lenti degli occhiali coperte da goccioline d’acqua. Mi giro senza riuscire decidere se guardare spalle al sole verso l’arcobaleno, oppure attraverso gli alberi in controluce e contronebbia. Le luci continuano a cambiare e a trasformare quel bosco in mille mondi che emergono l’uno sull’altro. Io ormai conosco ogni angolo di questo luogo ma ogni volta che ci torno non riesco quasi più a riconoscerlo. Non mi sono mai dedicato così tanto tempo alla fotografia in un viaggio. Spero dia l’idea di cosa si può trovare in questi piccoli mondi in mezzo all’oceano!