Qualche foto di Okinawa, del suo mare puro cristallino, le sue spiagge bianche e deserte, paradiso incontaminato di un Giappone insolito e quasi sconosciuto.
Io ci arrivo a Gennaio, quando il clima non è abbastanza caldo per fare il bagno. Mi godo la purezza del luogo, passeggio intorno all’isola di Zamami senza incontrare nessuno. Il paradiso è tutto per me.
I traghetti per le isole più remote (Iriomote e Ishigaki) sono sospesi. Con i traghetti da Naha posso arrivare sulle prime isole, ma più di così non posso chiedere. Già a Naha, pochi minuti a piedi dal centro, l’acqua è pulita come ai caraibi. Il paesaggio, con la statale che corre sulla sopraelevata, non è idilliaco. I giapponesi ci vanno comunque, io mi siedo in mezzo a loro a leggere un libro.
Il Giappone è sempre uguale, da nord a sud. La stessa gente, la stessa cordialità, la stessa “giapponesità”. A Okinawa però ci sono le basi militari americane. Cambia qualcosa? Due cose, anzi due problemi. Primo: gli aerei americani. Caccia militari che rombano all’improvviso sopra la testa, mentre tu sei su spiaggia di fronte ad un mare tanto pulito e puro da sembrare finto. Ogni dieci minuti la scena si ripete. Secondo problema: i militari americani, che scorrazzano sull’isola come bestie uscite da uno zoo, spesso ubriachi, molesti e violenti. Io ho tagliato i capelli a zero, la gente per strada non mi saluta, entro nelle “izakaye” e mi guardano strano. Allora devo dire “Italia karakimasta”. “Vengo dall’Italia”, e tutto torna normale, come a Tokyo, Kyoto o qualunque altro posto dove la gente è cordiale e ospitale come in pochi altri Paesi in cui io abbia viaggiato.