Ho passeggiato in lungo e in largo tra i templi di Luang Prabang. Mi sono fermato sulla confluenza del Mekong e del Nam Khan , dove le piccole giunche scivolano sull’acqua marrone. Ho attraversato il fiume per visitare i templi in mezzo alla vegetazione sull’altra sponda, mi sono svegliato presto per vedere la processione dei monaci. Ho deciso alla fine di trattenermi ancora, di festeggiare lì in capodanno, di accendere una lanterna e farla volare sopra il Mekong.
In attesa dei festeggiamenti e di proseguire verso nord, ho affittato un motorino per gironzolare nei dintorni di Luang Prabang, e poi un tuk tuk per visitare le cascate di Tat Sae. Il tuk tuk corre per alcuni chilometri sulla strada sterrata, fino al fiume, dove si salta su una canoa che traghetta dall’altra parte, dove inizia il sentiero.
In barca tornando dalle cascate di Tat Sae
L’acqua scende dalla montagna, verde e limpida come sul Mekong non si vedrà mai.
Forma delle piscine naturali, dai riflessi verdi e blu dove i raggi del sole riescono a filtrare in mezzo alla giungla. Ci si può fare il bagno, oppure, come faccio io, sedersi sul bordo, attraversarle dove si trova un passaggio, quasi sempre molto scivoloso. Da un’altra parte avrebbero costruito un resort e chissà quale struttura, ma non è nello spirito dei laotiani. Paghi un ingresso, entri e poi ti arrangi a trovarti il percorso, a seguire il sentiero di sassi e fango. È bello così.