Cosa mi ha colpito di più dei villaggi africani è la felicità della gente. Una felicità genuina, una vogli di vivere che si percepisce nell’aria, passeggiando nei villaggi.
Sono arrivato al villaggio con un carretto tirato dai buoi, alloggio in una pensione con scarafaggi enormi, con servizi minimi. Nel villaggio non c’è molto. Capanne, strade di terra, né ristornati, né locali, né divertimenti, almeno come li pensiamo noi.
La gente è felice di vivere. Lavorano poco. O meglio, lavorano duro, escono la mattina prestissimo per andare nei campi, ma nel pomeriggio il villaggio è una festa unica. Non è una ricorrenza, una vacanza, una festa religiosa, ma solo la quotidianità. Non c’è il week end, le ferie ogni tanto. Ogni giorno è uguale all’altro, ma bello per la sua unicità.
Non ci sono psicologi, non c’è gente depressa, repressa, insoddisfatta, non c’è chi fa carriera e chi no, chi fa un lavoro bello e uno brutto, non ci sono caste, classi sociali. I bambini non hanno giocattoli, non c’è il ricco e il povero, non ci sono invidie. C’è una comunità che vive in pace.
Si coltiva la terra, si costruiscono le capanne, si gioca e si balla nel resto del tempo. Senza tecnologia, senza mezzi di trasporto e di comunicazione, senza giornali, previsioni, statistiche, preoccupazioni.
Passeggio per il villaggio in una doccia di felicità. Cerco di prenderne il più possibile, e farne una scorta per quando uscirò dal villaggio per tornare alla vita “moderna”.