Sono arrivato a Datong dopo un viaggio estenuante. La città dal treno mi appare grigia e brutta, impressione che non migliora molto nemmeno quando ci passeggio per le strade del centro. La mattina seguente vado alle grotte di Yungang, per poi dirigermi verso il tempio sospeso. Mi sono unito a dei ragazzi cinesi e abbiamo inaggiato un autista, il modo più semplice per visitare sia le grotte che il tempio. La strada passa attraverso un villaggio che soccombe all’ombra di un enorme centrale che sputa nuvole nere nell’aria, poi prosegue fino ad arrivare ad una gola montana. Improvvisamente appare il tempio sospeso. Rimango a bocca aperta ancora prima di avvicinarmi. Il tempio sta aggrappato ad una roccia a strapiombo sulla valle da circa 1500 anni, resistendo al tempo e a tutto quello che avrebbe potuto farlo crollare. Una serie di pali in legno lo sostengono come stuzzicadenti. Ne tocco uno e scopro che si muove. In pratica, non serve a molto. La curiosità è che i pali li hanno issati dopo, e lui se ne starebbe su anche senza.
Il tempio sospeso è buddista, confuciano e taoista. Fu costruito per avere un luogo per meditare isolato da ogni rumore o distrazione del mondo esterno. Io però, spiritualità a parte, lo visito pensando solo al suo invidiabile equilibrio.
Passeggio guardingo, mi sporgo dalla passarella. Non so se ci passerei una notte. Se lo facessi, sobbalzerei ad ogni scricchiolio delle assi di legno. Ho letto che il tempio è riparato dalla pioggia da una roccia e dal sole dalla montagna. Chissà se il monaco che lo costruì si sarebbe mai aspettato una tale longevità. E chissà per quanto tempo ancora rimarrà abbarbicato a quella roccia, quante persone gli passeranno sopra e, aggiungo io, chi lo vedrà crollare.