Un po’ in ritardo, stressato dal lavoro, guidava nervosamente superando e alle automobili più lente. Al riparo del suo abitacolo, lanciava maledizioni e imprecazioni a chi non si faceva da parte o rallentava per cercare un parcheggio. Non era certo una persona particolarmente arrogante o violenta, ma nel mezzo del traffico, chiuso in quel suo piccolo mondo dove nessuno poteva intromettersi, gli veniva fuori un’irrazionale prepotenza ed egoismo. Una volta uscito e tornato al mondo reale, avrebbe ripreso a parlare con toni pacati e l’aria più sorridente a lui consona. Il caso volle che durante un attraversamento un po’ ardito di un grande incrocio incontrò nell’altra direzione un suo simile, anch’egli un po’ di fretta, anch’egli un po’ stressato dal lavoro, anch’egli un po’ nervoso al volante. Un’incomprensione, questione di attimi, e le due automobili vennero in contatto rompendosi i paraurti.
Come due soldatini giocattolo caricati a molla, i due conducenti scesero dalle automobili in collera, iniziando a inveire l’uno contro l’altro, additandosi rispettivamente la responsabilità dell’incidente. Insulti reciproci, minacce verbali, ancora poco e si sarebbe passati alle mani.
Intanto molti altri a automobilisti si erano fermati, chi per curiosità, chi per dire la sua o per vedere come si evolveva la situazione. All’incrocio si andava formando un certo ingorgo. I clacson delle automobili immobilizzate suonavano insistentemente, aumentando ulteriormente la rabbia dei litiganti. L’aspro diverbio tra i due coinvolse a breve il capannello di curiosi che si era creato, in particolare quelli che avevano visto la scena da vicino e discutevano ad alta voce su chi avesse ragione e chi torto.
Volarono i primi calci, schiaffi, e in un batter d’occhio di formarono due vere e proprie fazioni. Urla, botte, ormai l’incrocio era in preda ad una grande rissa. Dalle vie che convergevano all’incrocio l’urlo dei clacson creava una vera atmosfera da arena. Un numero sempre crescente di automobilisti lasciava le macchine sulla via e si recava all’incrocio, dove volenti o nolenti si trovavano coinvolti nel tafferuglio di strada.
Non tardarono nemmeno le sirene di polizia e carabinieri dei due comuni, di cui l’incrocio segnava il confine. Ma la situazione era ormai fuori controllo, e anche le forze dell’ordine avevano diversi problemi anche soltanto a capire cosa stava succedendo. Non solo, tra i due comuni c’erano stati diversi screzi per motivi politici ed amministrativi sulla gestione delle zone condivise. Fu così che anche le forze dell’ordine presero parte, le une contro le altre, a quella che ormai poteva definirsi una guerriglia. Iniziarono ad agitarsi i manganelli, le pistole spararono colpi in aria, mentre fumogeni e lacrimogeni pervasero l’aria. Un veloce rimbalzo di telefonate portò in fretta la notizia in vari uffici di politici, polizia ed associazioni locali. Furono raggiunti anche i gruppi degli ex alpini e militari; questi non erano altro che gruppo di vecchietti nostalgici che si ritrovavano ad esibirsi in piccole parate che ricordavano le loro gesta eroiche nei tempi di guerra. Dopo tantissimi anni di inattività, vennero subito elettrizzati dall’idea di tornare giovani a combattere. Mentre alcuni si impegnavano a riesumare i vecchi arsenali di armi, altri erano già al “fronte” armati di badili a scavare le trincee.
Partirono i primi colpi di mortaio, vennero lanciate le prime bombe a mano. Numerose vittime cadevano ora su un fronte e sull’altro.
I razzi solcarono il cielo sopra le due cittadine, distruggendo case, negozi, e mietendo vittime in massa. Non si sa come ma spuntarono addirittura alcuni piccoli carri armati con le loro terribili bocche da fuoco.
Ormai tutta la popolazione partecipava come poteva. I ragazzini armati di fionde e petardi, i cacciatori con i loro fucili e schioppetti, mentre i militanti del gruppo di aviatori amatoriali partivano dalle campagne con i loro ultraleggeri caricati per l’occasione di bombe artigianali di varie forme e tipo.
Non era ancora giunta l’ora del tramonto che i due paesi erano ridotti in macerie. Le armi finalmente cessarono i colpi, lasciando un surreale silenzio sul campo di battaglia. Al centro dell’incrocio rimasero i due automobilisti. Le loro auto erano ridotte a due ammassi di rottami fumanti. L’adrenalina era scemata, la rabbia e lo stress sfogati fino in fondo. Soltanto ora i due tornavano in se, alla loro vita e realtà. Sarebbero rientrati a casa, o quello che ne restava, e alla loro famiglia, o meglio ai suoi sopravvissuti.
Silenziosi e costernati, indugiarono un po’ su quel groviglio lamiere fumanti che erano le loro automobili. Poi si incamminarono, lentamente, in direzioni opposte, mentre l’ultimo raggio di sole cedeva il passo ad una fredda serata.