Racconto di viaggio – Giordania
Il Medio Oriente mi piace per la sua confusione, le poche regole, il vivere alla giornata, la gente che s’inventa il proprio lavoro o la propria bottega al mercato. Mi piace perché gli esseri umani si presentano per quello che sono e non per quello che hanno. C’è una fierezza nello sguardo di ogni persona, una dignità che prescinde l’auto (o l’asino) più o meno moderna, la casa (o la tenda) più o meno finita, il vestito più o meno pulito. Adoro passeggiare per i mercati, dove ognuno porta quello che ha o quello che sa fare: ferraglia arrugginita, scarpe già logore e impolverate, piccioni, galline, ogni genere di oggetto, cosa o mestiere. Le sale dei barbieri sono sempre piene, dall’alba fino al tramonto e poi la sera tardi, quando tutto il resto è chiuso. Barba e capelli sono sempre perfetti, perché è la persona da curare e mostrare agli altri, non le cose.
Poi c’è il deserto, là dove è stato girato il film famoso, dove il turismo di massa arriva come un’invasione tramite gli aerei sempre più low cost. Abbiamo prenotato anche noi una tenda per una notte sotto alle stelle. Ma già dal primo minuto, all’arrivo nel villaggio, noto qualcosa di strano nella gente. Non vedo più sguardi fieri e rilassati. Non volendo pagare un tour aggiuntivo dai prezzi folli, veniamo cacciati dal camping, già prenotato. Giriamo allora il deserto per conto nostro, a piedi. Finalmente un po’ di pace e silenzio. Il sole avanza lentamente ed è l’unica cosa che si muove. Il tempo, per un po’, sembra quasi fermo. Le ombre però, lentamente, iniziano ad allungarsi. Tra dune e rocce perdiamo anche un po’ l’orientamento, e troviamo la via per tornare indietro (cioè la fila di jeep che rombano verso il villaggio) con l’ultima luce del sole. Poi corriamo via.
Dopo gli ultimi anni di viaggi nella natura selvaggia, forse ero sono più abituato agli effetti collaterali del turismo di massa, ai siti che piano piano diventano luna park, sempre più accessibili e sterili, bolle che ricreano la tua zona di comfort anche dall’altra parte del mondo.
Qualcuno, mentre camminavamo nella sabbia, ci ha guardati con aria stranita, oppure divertita. Chi sono quei due pazzi che vagano senza una jeep o un cammello? Uno ci ha urlato se ci fossimo persi, ridacchiando mentre il fuoristrada si allontanava a tutta velocità. Mi ha fatto pensare. Loro vedevano dei pazzi in noi, noi dei pazzi in loro. Ma è giusto così. Il mondo continua a cambiare, che lo si voglia o no.
Posso io avere la presunzione di ritenermi un viaggiatore migliore di loro? Posso pretendere di avere i luoghi più belli del pianeta tutti per me? E poi, c’è qualcosa di male di girare i luoghi più remoti con tutti i nostri comfort? No, dipende solo da quello che cerchi.
Abbiamo proseguito verso Aqaba, dove l’azzurro del mare sembra fondersi con il cielo in un unico abbraccio. Poi abbiamo ripreso la strada verso nord, tra strade desertiche che si estendono all’orizzonte e che sembrano sussurrare al vento. Attraversando le cittadine lungo la via, abbiamo assaporato i profumi speziati che riverberano nell’aria, accompagnati dallo scintillio dei mercati colorati. E proprio come tanti anni fa, dopo aver visitato Petra con un po’ di fretta, ho deciso di rifugiarmi in queste cittadine, immergendomi nell’atmosfera tipica del Medio Oriente.
Mi sono lasciato incantare dal richiamo dei venditori ambulanti che con la loro parlantina invitano i passanti ad acquistare i loro tesori. Ho vagato tra le stradine strette e confusionarie, osservando le facciate delle case decorate e i tetti che sembrano protendersi verso il cielo azzurro.
E così, ancora una volta, ho respirato la magia di queste terre, sospeso tra l’incanto del deserto e l’effervescenza delle città. In questi luoghi, la bellezza si cela a volte quasi fosse nascosta, ma sempre pronta a essere scoperta.