Atterro all’aeroporto di Kathmandu dopo che l’aereo ha girato in tondo sopra la città per tre quarti d’ora. Traffico inaspettato, o forse aeroporto troppo piccolo. Il viaggio in Nepal inizia con la lunghissima ed estenuante fila per il visto, nella “hall” degli arrivi che sembra più una stazione di un autobus che uno scalo aereo internazionale.
Kathmandu mi attende con le sue vie polverose, strette e disordinate.
Non ci sono grandi cavalcavia, grattacieli, quartieri scintillanti. Non c’è nemmeno la corrente elettrica. La rotazione della distribuzione dell’energia prevede solo 8 ore di corrente al giorno. Quando è il turno non lo si sa, perché la pianificazione dei turni è andata in disuso. Così, in media due volte su tre torno alla mia pensione e devo illuminare la stanza con la torcia, e fare la doccia al lume di candela.
Con qualche eccezione, nei miei viaggi non mi sono mai piaciute troppo le grandi metropoli. Troppe sovrastrutture, troppe barriere. Passeggio è mi sento un estraneo. A Kathmandu passeggio e mi sento dentro alla vita locale. La gente non vive chiusa in ambienti interni, o almeno sta affacciata alla finestra, fa qualcosa in strada. Anche il macellaio, che squarta pezzi di animale direttamente su dei bancali fuori dal negozio. Allora mi fermo qui un po’, a passeggiare senza meta per la capitale che sembra un villaggio, anche se affollato.
Mi piace camminare tra la folla verso il tramonto, tra chi torna a casa, chi è semplicemente in giro, chi va o torna dalla preghiera al tempio. Mi piace la luce del sole basso che scalda i colori delle piazze e dei visi della gente. Mi siedo e scatto foto alla gente che passa, un brulicare incessante di persone che sembrano formiche uscite dal formicaio.
L’unica cosa che rassomiglia Kathmandu ad una capitale è la quantità di persone in giro, l’aria satura di smog. Mi piace osservare il fiume di gente, i portatori con i loro pacchi legati alla fronte, la gente che fa il rito al tempio, le offerte in una buca della strada, che prende l’acqua al pozzo.
Offerta agli dei nella buca della strada
Ne approfitto anche per visitare i dintorni. Affitto una bicicletta e vado allo stupa di Boudhanath, uno tra i più grandi al mondo, che al tramonto si tinge di rosa. Poi rientro pedalando di fretta con l’ultima luce della giornata e respirando nuvole di fumo nero che esce dagli scarichi dei camion.
Boudhanath al tramonto
Swayambhunath è invece il tempio delle scimmie, su una collina non lontana dal centro, dove i fedeli fanno ruotare le ruote delle preghiere girando intorno al tempio.
Tempio delle scimmie, Swayambhunath
La sera, quando non è turno di corrente elettrica, le strade e i quartieri sprofondano nel buio. I cani randagi iniziano a ringhiare e solo le luci dei motorini illuminano di tanto in tanto la strada. Devo spesso fermarmi in attesa del successivo per capire dove andare e per non finire in una delle tante buche, o voragini tra i marciapiedi.
Il viaggio è appena iniziato ma mi sento già completamente immerso nella realtà locale che mi assorbe e circonda a 360 gradi. Finisce che mi trattengo oltre il previsto. Continuerò verso l’Himalaya, poi verso la vecchia capitale, ma intanto faccio un ultimo giro per le strade di Kathmandu, la capitale non capitale del Nepal.