Mandalay è una città particolare. Alla prima impressione sembra davvero brutta. Le strade sono tutte uguali, monotone, perpendicolari, in mezzo a file di palazzi grigi e logori. L’aria è irrespirabile, risultato in un incessante traffico di mezzi di ogni tipo, accomunati da un’unica caratteristica: lo sputare nuvole di fumo nero dallo scarico. Non soffia un filo di vento. Dalla collina al margine della città il panorama è impressionante: dal reticolo di strade della città il fumo si leva come se ci fosse un’enorme griglia che stesse arrostendo qualcosa sulle strade. Roba da girone dantesco. Si va oltre lo smog di Saigon e delle sue strade con il fiume in piena di motorini che girano senza sosta.
Bisogna rifugiarsi in alcuni angoli o quartieri per scoprire che in realtà a Mandalay c’è molto da vedere e curiosare in giro. Templi, quartieri di artigiani, il palazzo reale. Possibilmente con una mascherina davanti al naso.
I turisti però arrivano a Mandalay per visitare i dintorni, primo tra tutti l’U-lein bridge di Amarapura, il ponte di teak sul fiume Irrawaddy.
Il ponte in legno in sé non è così mistico. Lo potrebbe essere, in un contesto di meno spazzatura e sporcizia che lo circonda. Bisogna andarci al tramonto, prendere una barchetta e andare in mezzo al fiume, lontano dalle case, dalle strade piene di plastica. Lì, dal centro del fiume, mentre il sole tramonta all’orizzonte, si vedono passare le siluette delle persone che tornano casa dopo la giornata di lavoro. Camminano in controluce contro al sole, ormai una grande palla infuocata che riflette raggi rosa sul fiume. Ci si può immaginare l’Asia ancora pura, agricola, amena e bucolica, quella che era anche solo qualche decennio fa, prima dell’invasione della plastica e dei motori a scoppio.
E allora il ponte di teak può sembrare un luogo magico, un ponte che trasporta vite, fa incontrare persone, nascere o finire storie. E’ un ponte pedonale, silenzioso. La gente passa lentamente, come se quel ponte non portasse a nessuna parte di moderno ma fosse ancora ancorato alle vecchie tradizioni. Ossero il via della gente con questi pensieri.
Poi torno a riva, il barcaiolo mi lascia e torno in città, e non ho ancora una mascherina da mettermi davanti al naso.